I Bambinelli di Macarina

La Presentazione di Enzo Russo

 Ma guarda dove può andare a mimetizzarsi il messaggio evangelico, rischiando quasi di passare inosservato. Dal tedio obbligato di certi sermoni domenicali della mia adolescenza all’esempio umanamente inavvicinabile dei missionari di frontiera, spesso caduti sul campo, il quadro complessivo di esempi, parole, indicazioni è talmente ampio da disorientare. Non si può certo dire che affrontando la stesura dei “Bambinelli di Macarina” l’autore si sia lasciato vincere da esitazioni letterario-moralistiche. La scabrosità di certi argomenti induce a chiedersi se in altri tempi essa avrebbe suscitato la perplessità, a dir poco, delle autorità ecclesiastiche. Ma non c’è scabrosità che non possa essere affrontata con mano leggera, così come uno schiaffo, se si vuole, può trasformarsi in una carezza. Magari ruvida, molto ruvida, ma pur sempre una carezza.

 

Qui l’episodio evangelico dell’adultera sul punto di essere lapidata e della sua mirabile difesa (“Chi è senza peccato…”) viene ripreso di continuo, anche dove non sembra esserci alcun nesso, mentre l’occhio dello scrittore-sacerdote si posa su tutte le debolezze umane, le follie ridicole e quelle tragiche, i vizi e le debolezze, la malizia e la crudeltà. Un occhio sempre comprensivo, a volte sorridente, a volte sbalordito, raramente indignato, forse perché si ha davvero diritto ad esprimere indignazione solo in presenza della sopraffazione dei forti sui deboli, e anche in quel caso al dovere di intervenire bisogna accostare il diritto di capire, che non vuol dire giustificare. E capire spesso non è solo un diritto, ma anche un dovere.

 

Peccato che l’arte del racconto sia ormai una sorgente quasi secca. Nessun grande editore li propone più e nessun grande autore li propone al suo editore, così il pubblico ne ha pian piano perso il gusto. Non c’è offerta, non c’è domanda. Peccato, perché a differenza di un romanzo, per quanto complesso e magistrale, una raccolta di racconti consente un continuo mutamento di registro. Anche i titoli hanno la loro parte in questi rapidi cambi di scena. Per sceglierne uno in particolare, “Il ragazzo che bestemmiava la Madonna”, dev’essere servito molto coraggio, ma qualunque altra scelta meno “compromettente” sarebbe stata troppo debole, pavida e comunque inadeguata allo strazio del giovane protagonista che ha un unico desiderio: morire. E’ il grido più alto e doloroso che si leva dalle pagine di questo libro.

 

Da un racconto all’altro, a volte le occasioni di pietà e di speranza sgorgano facilmente tra le righe e coinvolgono il lettore con semplicità, conducendolo per mano fino alle frasi conclusive. Altre volte è arduo cogliere il vero messaggio dell’autore quando gioca col ridicolo o col grottesco. E’ il caso dei minus habentes, gli scemi del paese, come si definivano una volta, inconsapevoli protagonisti del racconto “Il plusvalore di Macarina”. In apparenza c’è del sarcasmo nel titolo, lo stesso che nel passato accompagnava l’intera vita di questi eterni bambini, oggetto di dileggio feroce, qualche volta di violenza. Svolgevano, senza volerlo, la stessa funzione dei buffoni di corte: fare da calamita ai peggiori istinti di un’umanità ancora lontanissima dal concetto attuale di civiltà e di umanità.

 

Poi, in un sogno dell’autore, uno di questi disgraziati prende la parola con un linguaggio assolutamente improponibile per uno come lui, ma perfetto per un sogno, e si rivolge ai suoi concittadini. “Noi crediamo di assolvere a una funzione sociale ben più alta di quella che voi credete: per ogni bambino che nasce a Macarina siamo il punto di partenza della sua evoluzione. Quindi di vero cuore, a nome mio e dei miei simili, auguro ai bimbi macarinesi di sorpassarci felicemente!” Il loro sacrificio, quindi, invecchiare e morire senza essere mai diventati adulti, servirà da punto di riferimento a quelli che invece adulti sono destinati a diventarlo. In un certo senso, grazie anche a loro.

 

Ma guarda un po’ dove può andare a nascondersi il messaggio evangelico!

 

Enzo Russo